mercoledì 25 novembre 2009

Novembre. Lo stile in punta di piedi...

E anche novembre è ormai pronto a lasciarci. Provvederò quindi ad imprimerlo nella mia memoria con una serie di personaggi che nel suo lento trascorrere mi hanno lasciato il segno.

E partiamo dal cinema. Era inizio mese, quando un'amica è passata a trovarmi lasciandomi un dvd. Mi ha detto di vederlo, che era molto carino. Si chiamava "Ti va di pagare?". Io, un pò riluttante, le ho dato retta e... folgorazione. Ma quanto caspita è bella Audrey Tatou? Uno dei fisici più eleganti e proporzionati che abbia visto finora. E giuro, non per una questione estetica, il mio primo omaggio va decisamente a lei...

...dal cinema il passo è breve verso la tv. Chi mi ha lasciato un qualche segno? Qui devo un attimo pensarci, anche perchè ultimamente non la sto guardando molto. Giusto che il trittico di programmi che mi mantengono legato al piccolo schermo sono i reality: Amici-XFactor-Grande Fratello. Ed è da quest'ultimo che voglio trarre il personaggio del mese. Lui si chiama Giorgio (Ronchini, credo). Per molti sarà una vaga presenza assente. Per me no. Per me è un pò la versione maschile della Audrey Tatoo di prima, la classe, l'eleganza, la vita vissuta senza dover rumoreggiare per forza.
Lo stile, in punta di piedi.
E veniamo ai libri. Qui non devo nemmeno mettermi troppo a pensare. Ho letto un solo libro e l'ho pure apprezzato. Già con Caos Calmo era in lizza fra i miei scrittori preferiti, e dopo aver letto Gli sfiorati, mantengo l'idea che quel posto se lo merita tutto. Ah, già, lui è Sandro Veronesi.

Poi, poi, poi.. Secondo voi potrei mai non parlare di musica? Questo mese c'è una canzone che mi sta martellando il cervelletto. E no non è il ritornello facile di "Mas" della Furtado, nè l'eleganza dell'ultimo pezzo dei Pearl Jam. E no, non è nemmeno il rock dei Foo Fighters. E quindi chi-cazzo-è? In realtà non lo so bene nemmeno io. So che il pezzo si chiama "Fire flies" e lui si fa chiamare Owl City. Mah... il futuro ci dirà se era solo una piacevole parentesi, o se questo omino avrà altro da dirci... Intanto, apprezziomolo per ste pezzo, va...

E mi resta un tassello da riempire. Che un pò c'entra con la musica e un pò no. Si tratta infatti di un musical, che fra l'altro ancora non ho avuto l'onore di vedere. Ma ci sono stati un sacco di amici miei e ne sono tornati entusiasti. So che presto passerà pure dalle mie zone. Spero di trovare qualche essere vivente che mi ci accompagni... Il musical di cui parlo, giusto per dovere di cronaca, si chiama Avenue Q.

..dicembre, dicembre.... preparati, che fra poco tocca già a te...

Il pensiero del giorno...

Un respiro profondo
è il solo modo
per difendermi
dal rumore di fondo
che mi addormenta l'anima.
(Mario Venuti - Una pallottola e un fiore)




giovedì 19 novembre 2009

mercoledì 18 novembre 2009

Chi sei veramente?

Un individuo è quello che è, indipendentemente da ciò che decide di fare della propria vita. I suoi atti saranno giudicati, certo, e lo qualificheranno davanti ai suoi simili o, per chi ci crede, davanti a Dio, ma il suo vero essere no. Quello non potrà mai essere giudicato, non avrebbe senso dato che egli ne è soltanto il tramite, e spesso senza che nemmeno se ne accorga.[…] Quel che uno si sente di essere, e nel quale gli altri lo riconoscono, in realtà non è che un’abitudine.

(da "Gli sfiorati" di Sandro Veronesi)



..le riflessioni a questo brano le metterò sull'altro blog,
ora non ho tempo: c'è X Factor!!

lunedì 16 novembre 2009

Time is running...

"Dobbiamo usare il tempo come uno strumento,
non come una poltrona".

(J.F. Kennedy)

...ma il tempo è nelle tue mani e solo tu puoi decidere come
usarlo, sfruttarlo, gestirlo...
...o buttarlo.


(uff.. ma io quest'anno volevo il braccialetto!! ;-) )

giovedì 12 novembre 2009

La frase del giorno...

Il futuro è qualcosa che ciascuno

raggiunge alla velocità di sessanta minuti all'ora,

qualunque cosa faccia,

chiunque sia.

Clive Staples Lewis

lunedì 9 novembre 2009

La frase del giorno

"Siamo andati a sbattere contro il muro digitale.
E così facendo abbiamo perso la capacità
di vivere con semplicità."


(Jhonny Depp su "Grazia",
rispondendo ad una domanda riguardo a cosa pensasse dell'uomo moderno...)


giovedì 5 novembre 2009

Le eccellenze sono distribuite...

L'altro giorno mi sono ritrovato a leggere un blog. Il post che più mi ha colpito intende sostenere come, molto spesso, i problemi reali di comunicazione dipendano soltanto dalla nostra innata tendenza a percepire i pareri altrui come una presa di posizione sul fatto che i loro modi di vedere siano migliori dei nostri. E che sarebbe tutto più facile se capissimo che ogni parere è "giusto" nel momento in cui deriva da un ragionamento personale e che scambiarsi pensieri è un modo per imparare crescere e non certo per "subire" gli altri. Queste alcune delle efficentissime parole dell'autore stesso:
Sto scrivendo e cercando di capire una cosa, che è resa complicata dalla nostra tendenza a discutere più le parole che il loro significato. Inciso: io credo che il 70% delle cose di cui si discute sia fuorviato da equivoci di significato, in buona o cattiva fede. Comunque, io ho sempre pensato che ognuno di noi pensa – in misure diverse, con più o meno dubbi e disponibilità a cambiare idea – che le sue opinioni e ragioni abbiano un fondamento, e quindi siano più motivate di altre. Quindi non sono migliori “in quanto sue”, ma in quanto ci ha pensato, almeno un po’. Voglio insomma dire che ognuno attribuisce una “superiorità” alla sua opinione, visto che ce l’ha. Poi ci possono essere la spocchia, la supponenza, la presunzione, la rigidità: ma avere un’opinione e pensare che sia la migliore tra quelle di propria conoscenza non solo non è esecrabile, ma è ovviamente normale.
[...] Forse pensiamo che l’umiltà sia diventata troppo invisibile nel casino generale per poter essere notata e diventare notevole: e quindi ci sentiamo costretti a esibire noi stessi, perché altrimenti tutta la nostra sapienza e le nostre qualità non le noterebbe nessuno. È lo stesso meccanismo di quelli che urlano nei dibattiti televisivi solo perché urlano tutti gli altri.
In questo sistema continuamente competitivo in cui ogni spazio e visibilità ottenuta da un altro sono lo spazio e visibilità che sto perdendo io, l’eventualità che qualcuno ci dica cose che non sappiamo corrisponde a un’ammissione di sconfitta invece che a un implicito successo. Non so se sbaglio, ma mi pare somigli all’orgoglio del non voler accettare aiuto, o regali, o soldi: che tu mi dia dei soldi di cui ho bisogno sarebbe forse utile, ma mi offende. Perché corrisponde a una dimostrazione di non essere in grado di farcela da solo. Ma così facendo si perde per strada il primo meccanismo di diffusione del sapere: il ricevere lezioni, insegnamenti, informazioni, opinioni diverse, non può essere umiliante in quanto tale.
[...] In realtà, e lo capite da soli, non siamo così stupidi: quello che non accettiamo non è nuovo sapere, nuove informazioni, nuove comprensioni delle cose che ci renderanno migliori o che ci potremo almeno rivendere al giro successivo. Quello che non accettiamo è che siano “lezioni”, e che il nostro riceverle ci ponga in una condizione subordinata rispetto a chi ce le dà: e che ci sembra subordinata in modo insopportabilmente umiliante. Ma in realtà non è così: anche banalmente, su ogni tema, su ogni ambito, su ogni esperienza, le eccellenze sono distribuite. Il nostro odioso e maleducato vicino di pianerottolo può essere il maggior esperto del mondo di solai in legno. La sua opinione sulla trave che ci si è incrinata in salotto non sarà meno fondata perché è odioso e maleducato, e non ci sarà meno utile per questo.

...mmm... molto interessante...
(Comunque l'intero post lo trovate qui:

domenica 1 novembre 2009

Sperate in qualcosa. Qualsiasi cosa esso sia...

Dopo essere rimasto piacevolmente folgorato da un promo su Scientology trasmesso nella multisala dove mi ero recato per vedere un film, ho cercato per giorni di trovare quel filmato, fallendo. In compenso, mi ha affascinato un trattato che parlava di alcuni dei pilastri su cui si fonda questa religione. Dopo aver premesso che una religione dovrebbe "spiegare la vita", e non portare la gente a vivere in funzione di che sarà di loro dopo la morte (nemmeno troppo vaga frecciatina alla religione cristiana e alla sua credenza nel Paradiso), l'articolo sottolinea che per Scientology è vero ciò che uno crede vero. Frase sicuramente affascinante per l'esteso potere che da ad ognuno di noi, ma sufficientemente poco concreta: se io dico che tu hai torto e tu dici lo stesso di me, alla fine entrambi dovremmo aver ragione, ma così non può essere. Al più si può dire che ognuno vede la verità secondo il suo stesso punto di vista, ma ciò porterebbe ad avere non una "religione", ma bensì miliardi di visioni della vita costruite su misura per ognuno di noi. Cosa che in realtà avviene comunque aldilà delle etichette (visto che ognuno finisce per tenere della propria fede solo ciò che più gli fa comodo...). Ma cavolo, mi sto perdendo di nuovo...
Che andavo dicendo? Ah, si, ciò che mi ha affascinato di questo trattato. Secondo il filtro di chi ha scritto l'articolo, Scientology riconosce quattro principali motivi ("diritti-doveri") per cui vale la pena vivere:
1) se stessi (stare bene, soddisfare i propri bisogni primari...e non solo quelli)
2) il sesso (inteso però come mezzo per riprodursi: vivere per dare vita ad altri...)
3) il gruppo (la necessità di stare in mezzo agli altri, il confronto per fare crescere se stessi e chi ci sta attorno)
4) il genere umano (ogni persona ha il suo ruolo nel mondo, il suo posto al sole, e tramite il suo agire può fare in modo che anche il mondo stia bene).
Interessante...ma ammetto che mi ha convinto zero.
Per i cattolici che è invece!? Vivere per trovare la propria ragione d'essere in Dio? Vivere per preparare la propria strada verso il Paradiso... attendere "il grande salto"? Vivere per amare (cioè: detto tutto, detto niente...)? Vivere perchè "la vita è un dono"? No, no, no.. nemmeno queste mi convincono appieno.
E quindi? E quindi trovo conforto in un libro che sto leggendo che attinge addirittura dal buddhismo. Che in realtà non da comunque una risposta, ma almeno non finge di volerla dare. Sottolienando che a volte è più importante nutrire l'anima (e il cervello) che il corpo, ricorda che cè solo un motivo per cui vale la pena vivere: la speranza. Tutto ciò che facciamo o che vorremmo fare, tutto ciò che non facciamo o che vorremmo che qualcunaltro facesse per noi è frutto della speranza. Sperare in qualcosa, qualsiasi cosa esso sia.
Giusto che altrimenti, non ci sarebbe ragione per sostare qui...