Ieri, spaparanzati sotto il caldo sole di Ferragosto, c'è stata una rapidissima diatriba sull'anima. Da un lato un'amica, che caldeggiava la sua idea che il nostro corpo è solo polvere e che ciò che conta è soltanto l'anima (i famosi 21 grammi...), perchè tutti noi ne abbiamo una ed è quella l'unica cosa che rimane una volta che noi ce ne andremo. Dall'altro io, che nella mia fottuta razionalità le ricordavo che io ho ben altre visioni in proposito: che l'anima non può ragionevolmente esistere, e che i sentimenti e tutto ciò che si suole ricondurre all'anima altro non sono che un'altra forma della razionalità, e che come tale risiedono soltanto nel cervello. Il cuore, dopotutto, è notoriamente un semplice muscolo che pompa sangue...
E nella mia arringa in difesa del mio pensiero ho aggiunto che la morte è ciò che pone fine al tutto, che la nostra parte materiale è destinata inevitabilmente ad assumere una nuova forma e che non esiste nessun paradiso e nessuna vita eterna. E allora come spiego la morte? Beh, forse perchè si apprezza realmente solo che ciò prima o poi finisce, o più semplicemente perchè è giusto lasciare spazio ad altri, per permettere a chi verrà dopo di noi di non sprecare la sua, di occasione.
E l'anima? L'anima non può esistere perchè se ci fosse, dovrebbe essere eterna. E, per definizione quindi, non nasce e non muore. Ma allora non è nata con noi, ma già c'era. E poichè non è plausibile ipotizzare l'esistenza di un magazzino di anime, un ripostiglio di "soffi di vita" in attesa di essere distribuiti al mondo, significherebbe che prima apparteneva a qualcun altro (o a qualcosa d'altro). E si finirebbe così per credere alla reincarnazione, e non certo al Paradiso, una sorta di mega cesta costruita dalla nostra immaginazione per raccogliere i sogni e le speranze che ancora abbiamo di poter essere, a modo nostro, immortali. (Solo) una fatua illusione. Ma se così fosse, e se fosse quindi che la nostra anima, prima era di altri e dopo sarà di altri ancora, allora non è realmente nostra. E vivremmo costantemente accompagnati da un'anima in prestito, da qualcosa che ci è stato dato a tempo, consci che presto dovremo restituire al mittente. E allora anche l'ultimo barlume di romanticismo insito nella visione cristiana dell'anima e della vita eterna perderebbe ogni sua ragione d'essere...
Ovviamente non posso pretendere di avere la verità in tasca, ma vi posso lasciare quantomeno con un interessante punto interrogativo: il dilemma della ghigliottina.
Immaginate di essere nel Medioevo e di essere stati accusati di un qualsiasi reato punibile con la ghigliottina. Il boia vi fa accomodare e vi costringe ad infilare la testa in quel veicolo di morte. L'ultima preghiera (che uscirebbe da sola anche fra le labbra di chi fino a quel momento non ha mai creduto in un Dio) e ZAC! Un taglio netto. Da una parte il corpo, dall'altra la testa. E a qual punto? Da che parte della ghigliottina siete, voi?